

La rassegna si è aperta mercoledì 17 novembre con un doppio appuntamento, a Udine e a Pordenone: la presentazione del libro Le mie nove vite, ADD editore, autobiografia della principessa birmana June Rose Yadana Bellamy. Figlia di una nobile birmana e di un avventuriero australiano, determinata e impavida, questa donna straordinaria incarna l’incontro tra Oriente e Occidente. Scomparsa a Firenze nel dicembre 2020, ha vissuto una vita che ne riassume almeno nove. Il giornalista de La Stampa Francesco Moscatelli ha raccolto la sua incredibile storia.
Sabato 27 novembre, il secondo appuntamento ha messo a confronto storie di viaggio e lavoro in alcuni dei luoghi più difficili del pianeta, dall’Afghanistan alla Siria al Sud Sudan. Hanno partecipato Federico Croci, ingegnere idraulico, Carla Dazzi, fotografa e aderente al Coordinamento italiano sostegno donne afghane, e Katia Gavagnin, archeologa. I tre relatori hanno raccontato le loro esperienze di lavoro, volontariato e cooperazione oltre i confini dell’Europa, nel contesto attuale aggravato dalla pandemia, in cui mantenere vivi i contatti con il Sud del mondo è sempre più pericoloso e complicato.
Federico Croci, pordenonese, da sempre vicino ai temi del sociale e del volontariato, collabora con il MoVI – Movimento di Volontariato Italiano da diversi anni. Spinto dalla voglia di mettere a disposizione le proprie competenze di ingegnere per chi ne ha più bisogno, ha lavorato con Medici Senza Frontiere nel 2017 in Sudafrica, nel 2018 in Sud Sudan e nel 2020 in Sierra Leone.
Carla Dazzi, viaggiatrice e fotografa, è impegnata nel testimoniare vita e luoghi che non si raccontano mai. Volontaria della Onlus Insieme si può di Belluno, si spende per la difesa dei diritti delle donne afghane impossibilitate a condurre una vita sicura, tra corruzione, fondamentalismi e invasioni.
Katia Gavagnin, pordenonese, è archeologa e collabora con le Università di Udine e di Venezia. Ha iniziato a lavorare in Siria nel 2007. Dal 2010 ha partecipato a missioni archeologiche in Georgia e dal 2012 è parte del Progetto archeologico “Terra di Ninive” dell’Università di Udine nel Kurdistan iracheno.
Durante l’incontro, realizzato in collaborazione con la Onlus Insieme si può e con l’associazione Purlilium Act di Porcia, è stato proiettato un videomessaggio di Selay Gahffar, politica e donna simbolo dell’emancipazione femminile, dei diritti umani e civili in Afghanistan. Selay Ghaffar è la portavoce di Hambastagi, il Partito della Solidarietà Afghano. Per la sua instancabile attività a favore dei diritti umani, la regista italiana Benedetta Argentieri ha scelto Selay Ghaffar come protagonista del docufilm “I am revolution” (2018, Possible Film in co-produzione con RaiCinema).
Martedì 30 novembre alle 20.45 a Cinemazero, nell’ambito del festival Gli occhi dell’Africa e in collaborazione con Le voci dell’inchiesta è stato proiettato The last shelter di Ousmane Zoromé Samassékou, in lingua bambara, francese, inglese, moor, con sottotitoli in italiano.
La IX edizione della rassegna si è conclusa con la presentazione del libro Sotto lo stesso sole della giovane scrittrice e blogger di origine ghaneana Anna Osei, sabato 4 dicembre. Classe 1999, ghaneana, Osei è nata e cresciuta a Mantova e si è laureata in Diritto internazionale all’Università di Coventry. Attualmente vive a Milano, dove sta svolgendo uno stage presso uno studio legale internazionale. Scrive per passione e nel suo libro racconta l’incontro tra Marlene, una ragazza nera adottata da una ricca famiglia italiana, proveniente un ignoto villaggio dell’Africa, e Steven, giovane nigeriano giunto in Italia con il sogno di una vita migliore, con un passato difficile e un presente in salita. Conoscersi rappresenta per entrambi una sfida e un’opportunità. Attiva sui social network, su Instagram e YouTube Anna Osei scrive sul blog “Ujamaa“, termine che deriva dalla lingua swahili e significa “famiglia estesa”: tratta infatti della storia dei neri ed è aperto a chiunque, indipendentemente dalle proprie origini, desidera approfondire la storia dell’Africa da una prospettiva non occidentale. «Il nostro motto è il futuro migliore non si spera. Si provoca!», afferma la giovane.
Nell’anno di Dante, “Il dialogo creativo”, progetto di Elisa Cozzarini, Alessandra Gabelli e Andrea Fregonese, mette al centro degli incontri l’importanza delle parole: quelle della propria lingua madre o in traduzione, le parole del rispetto, della testimonianza e – soprattutto – del dialogo. Le parole dell’incontro, in un momento storico in cui si sente l’esigenza di rivivere a pieno in una comunità aperta, inclusiva, solidale e partecipativa. La rassegna è promossa dall’associazione per il commercio equo e solidale L’Altrametà, grazie al sostegno del Comune di Pordenone e in collaborazione con la Cooperativa Sociale Itaca, Voce Donna Onlus e l’Associazione dei Toscani in Friuli Venezia Giulia.
L’ingresso agli incontri alla ex tipografia Savio è libero, con certificato verde, nel rispetto delle misure per il contenimento della pandemia.